Occupazione femminile, non servono le quote rosa serve un nuovo welfare attento alle vere esigenze delle donne, delle famiglie e dei giovani

Occupazione femminile, non servono le quote rosa serve un nuovo welfare attento alle vere esigenze delle donne, delle famiglie e dei giovani

L’ultimo rapporto Svimez pubblicato pochi giorni fa mette ancora una volta in evidenza la grave crisi sociale del mezzogiorno d’Italia in particolare per quanto riguarda la situazione occupazionale e formativa di giovani e donne. I numeri restituiscono un quadro devastante, solo una donna su cinque lavora, spesso svolgendo attività lavorative umili e pagate molto meno degli uomini e le altre quattro, hanno comunque carriere sacrificate,  costrette magari a rinunce quando arriva il primo figlio, mentre cala notevolmente il numero di donne laureate. La stessa agenzia Eurostat dice che in Italia il divario salariale uomo-donna (gender pay gap) è mediamente del 6.7% (riferito solo alle donne laureate), mentre uno studio svedese presentato in Commissione Europea il mese scorso, sostiene che se ci fosse la piena parità di sessi sul lavoro il pil italiano potrebbe crescere del 32%.

La politica tutta, da quella nazionale a quella locale, affronta questi temi solo attraverso le dichiarazioni e gli annunci, mai con i fatti. Eppure non serve che ce lo ricordi lo studio svedese la cosa era chiara ai nostri padri costituenti che all’articolo 37 della Costituzione ricordano come: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione” – un diritto costituzionale ignorato dalla politica.

Alle donne non servono le quote rosa, servirebbe l’applicazione della nostra Costituzione e un nuovo welfare attento alle loro esigenze e quelle della famiglia, come ad esempio nuove scuole e asili sicuri, moderni e efficienti. Nella nostra Regione ci sono ancora troppe strutture carenti e datate. Mi domando che fine ha fatto il “Piano Renzi su scuole e asili nella nostra Regione”? Quante e in che condizioni sono le strutture di assistenza per gli anziani? E poi, visti i soldi del bilancio regionale investiti in sanità,  sarebbe auspicabile  un sistema sanitario più efficiente e capillare che sappia dare risposte di prevenzione e assistenza anche nei piccoli centri delle aree interne spesso penalizzati.

Per queste ragioni,  in questa fase di crisi, la politica deve fare un salto qualitativo, chi amministra deve mettere in campo idee e volontà e capacità progettuali per intercettare risorse economiche attraverso i fondi strutturali europei, troppi i soldi rimandati indietro o non utilizzati dalla nostra Regione. Ciò darebbe lavoro e prospettive di sviluppo.

Anche le grandi aziende presenti nel nostro territorio molisano possono, visto anche il loro ruolo sociale  dare un contributo importante  al welfare sociale. L’apertura ad esempio, di asili all’interno degli stabilimenti come avviene nel nord del Paese e in Europa, sarebbe un bel segnale, favorire il part-time per padri e madri, senza comprometterne la professionalità, promuovere la cultura d’impresa nel territorio aprendo canali con scuole e l’università.

Come sindacato possiamo certamente lavorare e dare un contributo sul piano delle idee e della progettazione, fare leva sugli strumenti della contrattazione aziendale e territoriale, prendendo spunto anche da altre realtà del nostro Paese dove questo è stato fatto e ha dato importanti risultati, ma serve che la politica si svegli e metta nell’agenda questi temi. Bisogna indirizzare parte delle risorse economiche e infrastrutturali al riequilibrio della disparità tra uomini e donne, un investimento, oltre che un diritto costituzionale, che nei fatti stimolerebbe  la crescita e la qualità di vita del nostro territorio. La ripresa economica e il benessere del Paese e della nostra Regione passa anche attraverso una maggiore valorizzazione delle donne e delle loro capacità lavorative, organizzative e di cura della famiglia e dei figli. Non può essere un gap salariale a decretare l’inadeguatezza delle donne nel mondo del lavoro né possiamo rassegnarci come molisani a restare una regione di periferia. Il Molise ha tante risorse una di queste sono le sue donne e vanno valorizzate.

 

Concetta Gizzone

Coordinatrice Donne SST Cisl Campobasso

Coordinatrice Donne FIM CISL Abruzzo Molise

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