Abruzzo senza capo ne coda

Abruzzo senza capo ne coda

E’ paradossale e stupefacente, per usare due eufemismi, assistere ancora in questi giorni, all’ormai sterile quanto superata discussione di quante ASL la Regione Abruzzo debba dotarsi per organizzare al meglio il proprio sistema sanitario. Giunti circa al fatidico giro di boa dei 100 gg. di governo ed agli altrettanti che mancano alla fine dell’anno, data entro la quale dovremo, o dovremmo, forse usare il condizionale è più opportuno, assistere ad una vera e propria rivoluzione copernicana della sanità, nulla sembra muoversi. È come se il tempo si fosse fermato in campagna elettorale quando  l’attività prevalente di chi poi ha vinto le elezioni  è stata quella di far visita ai diversi presidi ospedalieri, oggi sparsi per tutto l’Abruzzo senza capo ne coda, a voler cercare  di capire da quali e quante criticità siano afflitti.

La CISL FP d’Abruzzo, tal proposito, ricorda come  il nuovo patto della salute 2014/2016, approvato lo scorso luglio, sancisce un nuovo modello di gestione sanitaria non più basato per “comprensori geografici” bensì per  “bacini di utenza” . Criterio che, una volta adottato, vedrà riscrivere totalmente la rete ospedaliera, quella dell’emergenza-urgenza, nonché l’area della residenzialità e semiresidenzialità e la medicina territoriale.

L’applicazione di questo  modello sanitario porterà ad un nuovo approccio tra Governo e Regioni per la salute dei cittadini in un rinnovato ambito di ben delineate funzioni e ruoli per entrambi i livelli di governo (Stato e Regioni).

A tal fine lo Stato si fa garante di emanare standard uniformi da applicare su tutto il territorio nazionale volti alla garanzia dell’equità ed universalità del sistema sanitario, mentre, parallelamente, le Regioni dovranno rivedere profondamente i propri assetti organizzativi per garantire la qualità e l’efficienza nella gestione dei servizi sanitari perseguendo razionalizzazioni e riduzioni di costi. Questi obiettivi possono essere ricercati solo attraverso un alto grado di centralizzazione di molte attività, che, differentemente, oggi troviamo replicate per ogni ASL, come le attività di amministrazione generale e di supporto tecnico-logistico con particolare riferimento all’acquisto di beni e servizi, di reclutamento, alla gestione degli aspetti retributivi, contributivi e previdenziali, alla gestione del personale, ai sistemi informatici, all’area tecnico- professionale, al centro unico di prenotazione ed ai rapporti con le strutture private accreditate.

Peraltro, quando il  Governo in accordo con le Regioni stabilisce parametri nazionali per omogeneizzare ed uniformare la presenza degli ospedali in Italia facendo esclusivo riferimento ai “bacini di utenza” e fissa criteri quali: 1)  3 gradi di complessità crescente che vanno dai A) presidi ospedalieri di base dagli 80 mila ai 150 mila ab B) presidi ospedalieri di 1 livello da 150mla 300 mila ab. C) ospedali di 2 livello da 600 mila ad 1.2 ml. Di ab.  2)  vincoli stringenti sul numero dei posti letto (3 p.l per 1000 ab. Per acuti  e 0.7 p.l. per 1000 ab. per riabilitazione e lungodegenza).  3) rideterminazione del numero minimo di posti letto (60 pl per acuti) per le strutture ospedaliere private  accreditate in grado di assicurare così efficacia e sicurezza delle cure 4) parametri oggettivi in materia tra volumi di attività (numero di prestazioni)  5)  standard generali di qualità secondo il modello clinical governace  6) specifiche ed uniformi indicazioni per la sicurezza degli impianti e delle strutture 7)  ulteriori standard per le alte specialità 8)  che le regioni organizzino le proprie reti ospedaliere in reti specifiche  in base al modello  hub e spoke 9) per la rete delle emergenze- urgenze

indicazioni programmatiche ed organizzative sul terrori rio regionale  10) indicazioni  alle regioni per perseguire l’obiettivo  di integrazione tra ospedale e territorio,  e tutto ciò, sul piano attuativo, da realizzare,  da parte delle Regioni, entro il 31 dicembre 2014,  con l’adozione di  un provvedimento generale di programmazione per fissare e garantire il progressivo adeguamento ai predetti standard qualitativi, strutturali e tecnologici nel corso del triennio 2014/2016,  ben  si comprende come questi elementi, se coerentemente applicati,  tenderanno a contrarre drasticamente il numero degli ospedali in Abruzzo  prevedendo non più di  5/6  presidi tra il 1  e 2 livello rispetto agli attuali 24 presidi ospedalieri pubblici e non oltre 3/4 cliniche private rispetto alle odierne 11. Ciò, come già accennato, comporterà una ridefinizione  di tutto l’assetto ospedaliero  e sarà chiaro ed evidente a tutti che le vecchie logiche  degli “steccati” provinciali oggi individuate nelle attuale AUSL saranno di fatto superate dagli eventi.

 

 IL   SEGRETARIO REGIONALE

Davide    Farina

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